Kochan

Kochan

Kochan è un nome. Quello del protagonista di Confessioni di una maschera (Yukio Mishima, 1949). Una sorta di diario di viaggio, che accompagna il lettore alla scoperta di frammenti di vita e identità del protagonista.
Kochan è anche il nome del progetto fotografico che ho iniziato nel 2016 quando ho scoperto che la New York Public Library aveva messo online una buona parte dei suoi documenti d’archivio. Il recupero e il riutilizzo di materiali sono il punto di partenza della mia ricerca e produzione artistica. Il lavoro che realizzo con i materiali d’archivio mi permette di creare nuovi universi e raccontare, ogni volta, nuove storie, oltre ad essere un vero e proprio viaggio nell’immagine fotografica. Ho trascorso giorni interi tra carte geografiche, manoscritti e lettere. Ma è dalle mappe che sono stata attratta e, accompagnata dai loro segni e dalle loro tracce, ho deciso di affiancarle ad una serie di autoscatti. Partendo da riflessioni sul concetto di identità, in questo progetto anche io, come Kochan, ho cercato di immaginare il viaggio che ogni persona compie per scoprire e affermare se stesso.
Considerando il corpo come un territorio da esplorare, mi sono resa conto che nulla può essere considerato definitivo: i confini si ridisegnano, il territorio fisico è soggetto a cambiamenti così come i nostri atteggiamenti, le azioni ed il rapporto verso la natura e gli uomini.

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Kochan is a name. He is the protagonist of the Japanese novel Confessions of a Mask (Yukio Mishima, 1949). This novel serves as a kind of a travel diary that leads the reader to discover the identity and life fragments of its protagonist.
Kochan is also the name of my photographic project, one that I began in 2016 when I discovered that the New York Public Library had posted a large part of its archival documents online. The recovery and reuse of old materials is the starting point of my research and production as an artist. My work with archival materials allows me to create new universes and tell new stories each time, and it also makes it possible for me to take a real “journey” into the photographic image.
I spent entire days looking at maps, manuscripts, and letters. But I was especially attracted to the maps, and, using their signs and traces, I decided to combine them with a series of self-portraits.
In this project, like Kochan, I tried to imagine the journey that each of us makes in order to affirm our own self.
Conceiving of the body as a territory to be explored, I realized that nothing can be considered definitive: the boundaries are always redrawn, and all is subject to change, from the physical territory to our attitudes, actions, and relationship toward Nature and fellow human beings.

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Il carattere che le immagini fotografiche prodotte da Alessandra Calò ha realizzato è quindi piuttosto quello della metamorfosi, dello sconfinamento costante. La componente non esplicitata, ma fondamentale di questo progetto, è infatti il tempo. Se la fotografia fissa il momento – e nel fissarlo ne decreta anche l’essere già accaduto, passato, sicché qualsiasi ritratto è sempre postumo – Calò sembra lavorare proprio in direzione opposta a questa contrainte: la geografia non è un dato fisso, ma l’interazione perenne di molti elementi cosiddetti naturali e antropici, il corpo che emerge o si sovrappone a questi lacerti di luogo è altrettanto frammentario e per questo, più che indicare o descrivere, evoca.
E cos’è l’evocazione se non la forma più rispettosa del mistero nel rapporto fra il reale e le sue rappresentazioni?

Alessandra Sarchi

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Kochan displayed at Palacio de Abrantes, Madrid
XIV Giornata del Contemporaneo 2018
supported by AMACI and Istituto Italiano di Cultura

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2022, Danilo Montanari Editore – artist book numbered and signed, edition of 100